Dialetto sanmartinese
 
Grammatica del dialetto sanmartinese, proverbi, modi di dire, usi e costumi della civiltà contadina a San Martino in Pensilis
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martedì 1 dicembre 2009

Il problemi che nascono nell'apprendere la lingua italiana ...

Il problemi che nascono nell'apprendere la lingua italiana, ovviamente dovuti inevitabilmente all'assuefazione dialettale, sono diversi: fonetici, morfologici, sintattici, semantici, paralinguistici...
  1. l'apertura vocalica di e ed o
  2. le vocali contratte ê, î, ô, â, û (che non esistono in italiano)
  3. la distinzione tra s dolce e s aspra
  4. la distinzione tra z dolce e z aspra
  5. la sonorizzazione delle consonanti c, f, p, q, s, t, v davanti ad n.
  6. il raddopiamento consonantico dialettale
  7. l'uso di parole dialettali italianizzate
  8. il costrutto morfo-sintattico
  9. ecc...
   Ancora risento certi professori che, affabili e nostalgici, incitavano noi alunni a non dimenticare il dialetto, persi in non so qual non ti scordar di me. Ma carissimi, se insegnavate (e se forse purtroppo insegnate ancora) l'italiano, bisogna considerare che ciò
che in dialetto è corretto, in italiano spesso non lo è. Se impariamo l'italiano ci tocca, per forza di cose, dimenticare, archiviare il dialetto che sempre influisce negativamente, in un modo o nell'altro, nell'apprendimento. E così ci ritroviamo ad essere ibridi, degli sformati culturali, né carne né pesce; non parliamo l'italiano come si deve e quel che peggio italianizziamo il dialetto, bistrattandolo. Tagliando la testa al toro: bisogna impararli
entrambi, cari miei professori; così evitiamo anche di trasferire suoni, modi e forme sbagliati dall'uno all'altro. Chiaro?...
   Pensate a questo quando vi vien la smania di additare ai giovani un passato di tradizione linguistica nostrana, e soprattutto pensate a cosa avete fatto voi per conservarlo. Non avete forse confermato (nella vostra irresponsabile, innocente-nociva fannullaggine) il contrario di quello che intendevate additare? Oggi ci ritroviamo così stranieri in casa nostra a tutti gli effetti (né dialettali, né italiani). Studiare il dialetto, intendiamoci, non serve per impararlo ma, semmai, soltanto per non dimenticare, dimenticarlo, e non confonderlo con l'italiano. Un colpo al cerchio e uno alla botte, due piccioni con una sola fava, insomma, esemplificando.

«Seme remaste come pioviggene!
»
   La nuovissima generazione parla una lingua mass-mediatica che non si capisce bene cosa sia: un misto tra romano e italiano maccheronico, con un inflessione da... lasciamo perde' ch'è mejjo. Questo è il danno professionale che ci hanno inferto coscienziosamente gli
statali stipendiati. Cosa dice il vate a proposito?...

 Non si può andare laddove si insegna per apprendere; per apprendere bisogna disapprendere; quando poi si apprende si fa doppia fatica: quindi sono ore buttate via. Non bisogna invocare lo Stato, lo Stato deve smettere di governare, lo Stato detta sempre dei codici; si finisce nella rappresentazione e ogni rappresentazione è sempre e comunque - ahinoi!
- rappresentazione di Stato. Non so se sia chiara l'antitesi tra studio e scuola. Si studia desiderando. Questo è lo studio. La scuola invece è la palestra dell'ozio, per gli scioperati, per chi ha tempo da perdere. Salvatevi finché siete in tempo! (Carmelo Bene da «Il Laureato Bis»)

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